Cent’anni di solitudine del Colonello Giulio Gavotti

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« Dopo non molto tempo scorgo perfettamente la massa scura dell’oasi che si avvicina rapidamente. Con una mano tengo il volante, coll’altra sciolgo il corregile che tien chiuso il coperchio della scatola; estraggo una bomba la poso sulle ginocchia. Cambio mano al volante e con quella libera estraggo un detonatore dalla scatoletta e lo metto in bocca. Richiudo la scatoletta; metto il detonatore nella bomba e guardo abbasso. Sono pronto. Circa un chilometro mi separa dall’oasi. Già vedo perfettamente le tende arabe. Vedo due accampamenti vicino a una casa quadrata bianca uno di circa 200 uomini e, l’altro di circa 50. Poco prima di esservi sopra afferro la bomba colla mano destra; coi denti strappo la chiavetta di sicurezza e butto la bomba fuori dall’ala. Riesco a seguirla coll’occhio per pochi secondi poi scompare. Dopo un momento vedo proprio in mezzo al piccolo attendamento una nuvoletta scura. Io veramente avevo mirato il grande ma sono stato fortunato lo stesso; ho colpito giusto. Ripasso parecchie volte e lancio altre due bombe di cui però non riesco a constatare l’effetto. Me ne rimane una ancora che lancio più tardi sull’oasi stessa di Tripoli. Scendo molto contento del risultato ottenuto. Vado subito alla divisione a riferire e poi dal Governatore gen. Caneva. Tutti si dimostrano assai soddisfatti. »Dai diari del Col. Giulio Gavotti, primo aviatore nella storia umana a effettuare un bombardamento aereo, Libia, 1 novembre 1911

 

Prima dei cento anni dalle memorabil gesta

Del colonello Giulio Gavotti

(all’epoca dei fatti solo tenente)

Primo nella storia umana

D’Italia ingegnoso rampollo

A librare  dall’aria l’igneo vaso

Sulle arabe tende nell’oasi

presso Tripoli e poi Bengasi

 

Prima dei cento anni,

Lo spettro

Le bombe empite

Da solerti bisnipoti a Brescia

La mano dello spettro

Orribil contrapasso

Le dita di spettro

Pentito

Inette a bloccare

La molla del vaso di fuoco

E ancor ardon

Di italica feccia

Non tende ma piazze

 

“…e tu Gavotti, dal tuo lieve spalto
chinato nel pericolo dei venti
sul nemico che ignora il nuovo assalto!

Poi come il tessitor lancia la spola
o come il frombolier lancia la fromba
(gli attoniti la grande ala sorvola)

Anche la Morte or ha le sue sementi.
La bisogna con una mano sola
Tratti, e strappi la molla con i denti.

Di su l’ala tu scagli la tua bomba
alla subita strage; e par che t’arda
Il cuor vivo nel filo della romba….”

 

Così scrivea l’immaginifico poeta

Celebrator di italiche gesta

E così cent’anni dopo

Dagli spalti del Parlamento

E nelle italiche piazze

Il silenzio dei complici

Regnò di candidi sepolcri

Invitta schiera

 

E dalle italiche sponde

Non si udì che il rombo

Di popol smorto

Che bussola cerca invano

 

E la rosa dei tempi

E la rosa dei venti

Che cigola in un verso lontano.

 

 

Pina Piccolo, 21 febbraio 2011

 

 

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