Treinta y tres mineros

minerosresized TREINTA Y TRES MINEROS

Treinta y tres mineros,

Se ne stavano nel grembo di Madre Terra

Inghiottiti

Por El Diablo del capitale

No, non erano un reality

E non era prevista l’espulsione

Per acclamazione popolare

Del meno simpatico

Forse neppure un libro

Si pianificava a Santiago

En las avenidas delle case editrici

“Si  fueran mineros

de seguro no serían intelectuales”

 

Treinta y tres mineros,

!Treinta y tres! proprio como los años

Di quel povero cristo

Nudi adesso e sottoterra

Sperando in una risurrezione

Tecnologica

Come profeti a mangiar locuste nel deserto

Non piu’ di 60 chili

Snelli e tonici tienen que quedarse

Per entrare nella capsula salvifica

Del Plano B.

 

E i sociologi che come voyeurs

Spiano se si sono creati

Una società verticistica

O se sottoterra sono stati contagiati

Dal virus dell’horizontalismo

De sus hermanos argentinos

E non sanno che sono venuti a tener veglia con loro

Lì nella loro oltretomba provvista di sonde

Gli spiriti de los dosmil mineros y su mujeres y su hijos

Massacrati por la policia nel 1907 a Santa Maria de Iquique

Certo che ce ne sono state notizie da scambiarsi

Su 103 anni di prodezze sindacali

Di democrazie e di golpe

Di progresso e di regresso

Forse non sapevano neppure di Lula

Di Evo, di  Cochabamba

Los espiritus de los masacrados.

 

E la luce fioca del rifugio d’emergenza

Non è certo canicola che ombra stampi

E questi mineros non son certo l’uomo che se ne va sicuro

E a loro nessun giornalista chiede una parola

Che non sia quella del topo nella trappola

Dello speleologo accidentale che informa

Sullo stato della grotta

Non si prevedono esalazioni

Che portino a vaticini

Tra di essi non è Sibilla

Che qualche verità illustre

Possa comunicare

 

E le mogli, e i figli e le sorelle

E le madri, e i padri e i cugini

Nel villaggio de la esperanza

A esultare quando el Plano B

Promette que será realizado

Prima di Natale

 

E le mogli, e le figlie e i fratelli

E le nonne e i nonni e le cugine

E i figli nati in loro assenza

E i genitori morti quando il figlio

Era sepolto-vivo

Lì ad aspettare

L’elemosina di una notizia

L’eco d’una voce come quella

Che li salutava ogni giorno dalla doccia

Dove si levava la faccia nera

E la sostituiva con la maschera

Benigna del gran lavoratore

Campafamiglia- capofamiglia

Ritornato dal sacrificio quotidiano

 

E los mineros come Persefone distratta

Che ingoia i tre chicchi di melagrana

E las mujeres come l’inconsolabile Demetra

Che si vede la figlia strappata sei mesi all’anno

Dal Signore degli Inferi

E noi  che dall’interregnum

Ascoltiamo e guardiamo

Con avidità d’occhio e d’orecchi

E aridità di cuore

Il dipanarsi di sventure altrui

Mentre sciamiamo

con dignità di vespe sulla superficie

a orecchie tappate e occhi bendati

evitando i segni

che non dovremmo stentare

a decifrare.

 

Pina Piccolo, 1 ottobre 2010

 

 

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