L’infinito ed innocente canto degli uccelli del cielo è per voi- Le più recenti poesie di guerra dall’Ucraina, dal sito Chytomo

 

Mi sono sentita in dovere di tradurre una selezione di poesia proveniente dall’Ucraina, testi poetici creati da poete e poeti  che esprimono ciò che stanno vivendo in questo periodo di invasione della loro terra. Sono pienamente consapevole di non fare cosa gradita nel contesto intellettuale italiano di questo momento, che accuratamente evita di fare arrivare le voci delle persone che stanno subendo l’invasione e resistono; qui in Italia si preferisce ascoltare il coro di sedicenti esperti italiani che si esprimono su qualsiasi argomento, a scapito delle voci dei e delle dirette/i interessate/i.  Alcune mie traduzioni dall’inglese pubblicate nelle settimane precedenti le trovate ne La Macchina Sognante, queste ultime poesie preferisco pubblicarle nel mio blog personale, sotto mia diretta responsabilità. Mi scuso in anticipo per eventuali  errori di traduzione dall’inglese (in alcuni casi  il senso era un po’ oscuro) e mi scuso anche per la resa, a volte poco poetica, ma il tempo stringe e la solidarietà verso chi resiste è urgente e vince sopra questioni stilistiche che possono essere affrontate in un secondo momento.

Queste poesie le trovate tradotte in inglese nel seguente link https://chytomo.com/en/the-endless-and-innocent-birdsong-of-sky-is-for-you-the-newest-ukrainian-war-poems/

che contiene anche l’originale  delle poesie in ucraino.

La guerra è diventata il titolo delle conversazioni e del silenzio di tutti gli ucraini. Tra questo silenzio e gli incantesimi, le esperienze di forza, rabbia, disperazione, coraggio e il non detto, abbiamo selezionato 13 nuove poesie di guerra.

Le precedenti selezioni di poesie sono disponibili qui e qui , la versione ucraina di questa selezione è disponibile qui .

L’originale traduzione inglese è presente nella pubblicazione sponsorizzata dalla comunità Patreon di Chytomo. Per unirti alla comunità, clicca  qui

KATERYNA BABKINA

***

E ora questa primavera, quella che nessuno avrebbe voluto conoscere.

Le ombre degli uccelli si nascondono in giro per le strade ferite.

Le città stanno ferme, non aspettano che la pioggia cada sulle strade,

bensì sono paralizzate dal dolore per tutte le anime defunte.

Tra gli alberi scuri si diffonderà una nebbia sporca di sangue,

E le piante che spuntano nei campi produrranno semi neri.

Sebbene questa sia la primavera che si prenderà ciò di cui ha bisogno.

E questa stessa primavera darà tutto ciò che darà, con tutti i mezzi:

diffondendo la luce di luminosi raggi dorati in grado di guarire

ogni petto dolente, ogni cuore contratto dal dolore.

Il futuro arriverà, questo è certo, e il cielo si rasserenerà.

E i superstiti vivranno per coloro che non sono qui.

 

Tradotta dall’ucraino in inglese da Yulia Didokha, e dall’inglese in italiano da Pina Piccolo

 

 

LYUBA YAKIMCHUK

il ritorno

 

vogliamo tornare a casa, dove abbiamo notato i nostri primi capelli grigi

dove il cielo si riversa nelle finestre in raggi azzurri

dove abbiamo piantato un albero e abbiamo cresciuto un figlio

dove abbiamo costruito una casa che si è ammuffita senza di noi

 

ma la strada del ritorno fiorisce di mine

l’erba ago verde e la nebbia coprono le fosse aperte

torniamo amareggiati, pieni di sensi di colpa, reticenti

rivogliamo solo la nostra casa e un po’ di pace

 

se non altro per entrarci, respirare l’odore di muffa

estrarre fotografie ingiallite dagli album di famiglia

torniamo alla casa dove non invecchieremo

genitori e tombe e muri ci aspettano

 

torneremo, anche a piedi nudi

se non troviamo la nostra casa dove l’abbiamo lasciata

ne costruiremo un’altra su un albero di albicocco

usando nubi lussureggianti, l’etere azzurro

 

Tradotta in inglese dall’ucraino da Oksana Maksymchuk e Max Rosochinsky. Dalla raccolta di poesie Albicocche del Donbas. Traduzione italiana dall’inglese di Pina Piccolo.

 

YURI BONDARCHUK

È ORA DI RICOSTRUIRE I PONTI

 

Questa è la casa costruita da Jack*,

o meglio un piccolo appartamento a Irpin.

Tutto quello che poteva permettersi dopo Donetsk,

da dove era fuggito otto anni fa per la guerra.

 

Sua moglie lavora in un salone di bellezza nello stesso palazzo,

ogni mattina va a Kiev con la sua macchinina –

fa salire i passeggeri sull’autostrada di nuova costruzione

e li riporta a casa uno per uno ogni sera.

 

E sebbene, come tutte le giraffe, ogni giorno
sembri uguale all’altro, e sebbene si addormentino stanchi,

il sole sorge sempre luminoso su Lavina Mall

e il tramonto s’arrossisce su Hostomel.

 

Ma un giorno la città la bombarderanno

e la gente dovrà nascondersi nelle cantine.

Il fulmine non colpisce mai due volte lo stesso posto,

ma il ponte per la città è già saltato in aria.

 

*‘this is the house that Jack built’, da una vecchia filastrocca inglese.

Tradotto in inglese da Tanya Rodionova, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

 

YULIA MUSAKOVSKA

Chi ha detto che ora le parole non hanno valore?

Le nostre parole scritte nell’aria

con il ferro incandescente del respiro,

che si coagulano come sangue sulle labbra pallide,

addentano la terra sotto i nostri piedi,

addensandosi sui nostri vestiti e sulle scarpe

come la polvere di case diroccate.

 

Le nostre parole

si estendono verso i nostri cari – a tutti quelli sparsi

in giro per la mappa del paese forata dai proiettili

lungo i duri fili di collegamento attaccati al cuore,

lungo le corde tese della co-durata.

Quanto possiamo amare insieme.

Quanto possiamo odiare.

Le parole che mettiamo nello zaino

poco prima di partire.

Le parole che afferriamo

per mantenere chissà quale equilibrio,

quando, come uno sgabello traballante, ci sottraggono la terra da sotto i piedi.

Le parole che premiamo contro una ferita aperta,

il tenero ventre lacerato della salvezza,

ancora nella loro adolescenza.

 

Le nostre parole, dure e sporgenti di rabbia,

nere di dolore,

come il soffitto di cemento di un vecchio rifugio antiaereo.

Non c’è niente di più duraturo di loro,

niente di più eterno.

17/03/2022

 

Traduzione inglese di Ella Yevtushenko, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

STRONGOVSKY

 

essere un rifugiato:

dormire male

svegliarsi pieno d’ansia

scorrere le pagine del notiziario

odiare la Russia più di ieri

svegliarsi senza aver dormito abbastanza

abbracciare i figli

scorrere le pagine

odiare la Russia

preparare la colazione

scorrere le pagine

odiare la Russia con tutto il cuore

provare a lavorare

scorrere le pagine

odiare la Russia

preparare il pranzo/ la cena

scorrere le pagine

odiare la Russia

chiedere ai tuoi cari come stanno

abbracciare/ far addormentare i tuoi bambini

piangere

scorrere le pagine

odiare ancora di più la Russia

cercare di dormire

credere che domani ce la farai

a produrre qualcosa di diverso

dall’odio verso la Russia

Tradotta in inglese da Ella Yevtushenko, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

 

ANNA GRUVER

o sono loro o non sono loro o allontanati dalla finestra

l’ombra è proprio vicino alla porta del rifugio non sente ma risponde di no

non sono loro e nella notte sopra la città

disperata c’è il sentimento che urla

distruttore

distrutti

città e ponti

urla

alla città

e alla periferia

e attraverso la città

perché da dentro di noi sono esplosi verso l’esterno

un risentimento marcio e impotente e rancore

che cadono sul terreno esplodendo in una salmastra

ninna nanna

alla nostra guerra

che in silenzio

cosparge i pezzi delle finestre sigillate con rinforzi a X

con i pezzi del razzo abbattuto

perde la capacità di uccidere

ci siamo: questa è la fine

questa non lo è

vai a dormire

siamo noi la sirena dell’ansia

non dormire

la sirena d’allarme

non dormire

L’Est

noi

siamo rimasti intatti e non ci siamo divisi

solidi

sicuri

un grido prorompe dalle macerie di mattoni

se vuoi fede dona fede se vuoi pace dona pace

lascia che la nave ostile disorientata

si schiacci sul nostro suolo

terreno umido e sanguinolento

estraneo per il suo suolo

chiamiamo tutti i nostri nomi: Mariupol, Bucha, Irpin,

Mykolaiv, Kiev, Cherson, Kharkiv, Leopoli e

e quando il mondo ci vede sulle pagine del giornale

Tu, cielo… chiuditi su di noi

cielo chiuditi su di noi

per amore del cielo

chiuditi

cielo.

 

Tradotta in inglese da Victoria Feshchuk, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

TETIANA KYSELCHUK

 

***

Arrivò il mio bisnonno

era la calda estate del 1993

Avevo appena compiuto cinque anni

eravamo seduti a tavola a fissarci tra di noi

Indossavo solo i miei pantaloncini

il mio bisnonno indossava un’uniforme e guanti di pelle nera

‘Vova,’ dissi al mio bisnonno

-sin da piccola non è che fossi tanto educata-

‘perché porti quei guanti?’

il mio bisnonno non rispose

ma mi regalò due libri

uno verde, l’altro nero

quello verde parlava delle avventure del barone Munchausen

 

I miei genitori ci servirono la zuppa di grano saraceno

mentre io non distoglievo mai gli occhi dal mio bisnonno

Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita assalita  dall’ansia:

i suoi guanti sono la porta di Barbablù

se se li toglie, ecco che arriva la Morte

Si tolse un guanto

Sentii un certo sollievo

Stavamo mangiando la zuppa

e chiesi

‘Vova, di cosa parla il libro nero?’

 

Il mio bisnonno finì la sua zuppa di grano saraceno e si tolse l’altro guanto

‘Della guerra’, rispose il mio bisnonno

 

Allungai la mano per toccare la sua protesi

-visto che sin da piccola non sono poi tanto educata-

‘Vova, perché hai un pezzo di ferro invece del braccio?’

 

E il mio bisnonno mi raccontò una storia:

tanto tempo fa in un’epoca in cui le persone si facevano guerra

lui e i suoi tre amici erano in un carrarmato

che splendeva al sole, il carrarmato esplose

quando gli fecero passare sotto un cane-bomba

 

quattro ufficiali furono colpiti:

uno perse la vita, uno rimase illeso, a uno fu strappata una gamba

il mio bisnonno perse il braccio

 

Come possono essere tanto diverse le perdite nello stesso carrarmato

Mariupol e Uzhhorod

Kharkiv e Frankivsk

Bucha e Vasylkiv

Sumy, Cherson, Chernihiv

 

Dopo imparai a leggere

e scoprii come il barone Munchausen

fece saltare fuori dalla sua pelle una volpe

lanciò un’ascia contro la luna

fece volare un castello con una mongolfiera

diede consigli su come fabbricare ali

catturò un orso facendogli ingoiare bastoncini ricoperti di miele

portò un carro sulla schiena e cavalli sotto le ascelle

 

o forse quel libro si chiamava le avventure di AFU

 

Tradotta in inglese da Odarka Bilokon, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

IGOR POMERANNTSEV

 

È venuta alla radio in lacrime

stringendo un biglietto nel palmo della mano.

La trasmissione parlava di rifugiati.

Per un qualche miracolo Rih era riuscita a fuggire da Kryvyi nella Repubblica Ceca.

Dietro il vetro dello studio di registrazione

accanto al produttore

due bambine l’aspettavano.

Le ho versato dell’acqua in un bicchiere di carta.

A causa delle lacrime abbiamo avuto problemi a registrare.

Mi ha mostrato il biglietto.

Un ceco sentendola parlare in russo

ai suoi figli alla fermata dell’autobus

le aveva consegnato un biglietto, in stampatello, con le lettere tutte storte,

con dentro scritto:

“Feccia russa”.

 

Tradotta in inglese da RB Lemberg, traduzione italiana di Pina Piccolo.

HALYNA KYRPA

 

POESIE DURANTE LA GUERRA, A KIEV

 

I.

 

Non è pioggia.

È il mio pioppo che piange

sotto la finestra.

E non so

come consolarlo.

Gli dico:

— È già primavera,

presto farà caldo.

Ma lui

piange ancora più forte,

piange così forte che soffoca.

Mio tesoro,

fratello mio,

mio dolce pioppo argentato!

L’abbraccio,

e lui trema,

trema piangendo.

Non aprirò le braccia

finché non avrà smesso di piangere.

E poi noi due, insieme

incominceremo a rattoppare il cielo

crivellato dall’orda nemica,

e dalle nostre dita

gocciolerà il sangue –

goccia dopo goccia,

fino a quando non si sarà esaurito tutto

e da esso germoglierà

un piccolo pioppo, un alberello,

prima uno, poi un altro, terzo,

cento di loro, mille, un milione…

E poi pioverà –

una vera pioggia ucraina

che non dimenticherà nemmeno una lacrima

caduta dagli occhi

del pioppo e della persona più umile

di questa terra.

 

II

 

Amato, mio amato –

riesci a immaginare? –

ogni notte ora,

vado a dormire

con una mitragliatrice in mano.

Davvero? – ridi

dal tuo paradiso nei cieli. –

Con una mitragliatrice?

Ma se non eri nemmeno capace di raccogliere

un fiore,

o di calpestare

neppure una formica,

non ce la facevi a passare accanto a un solo albero

senza abbracciarlo.

Perché hai bisogno di una mitragliatrice?

Ma non rido,

Non trattengo più la mia rabbia,

nemmeno parlo,

invece urlo:

— Per uccidere il mostro

che sta distruggendo il nostro mondo!

Questo mondo,

in cui era così bello vivere

per il fiore

e la formica

e per ogni albero

che finalmente ce la faceva ad arrivare alla primavera

ma non posso provare gioia.

Quel mostro spietato

che rovina tutto quello

su cui mette gli occhi.

Amato, mio amato,

ora sei più vicino a Dio

che a me,

quindi chiediglielo tu, per favore,

perché una vecchia

prende una mitragliatrice

e Lui guarda in basso e dice,

“Tutto ciò che accade è volontà di Dio”?..

 

III

 

Mi mancano… oh, quanto mi mancano…

i tuoi occhi e i tuoi abbracci

in questo affollato rifugio antiaereo.

Si soffoca qui dentro senza di loro,

ma continuo ancora a respirare.

Con il pilota automatico sorrido a qualcuno,

ora vado, ora torno,

ora faccio qualcosa –

non quello che vorrei fare,

ma cose che devo fare,

e per tutto il tempo ho paura

che il sole indifeso perirà nel cielo.

Mi mancano… oh, quanto mi mancano…

le nostre infinite conversazioni

e quei buffi nomignoli

che inventavi per me,

come se fosse uno scherzo –

e io li accettavo,

come se non avessi bisogno che di loro.

E ora, a volte, quando penso di sentirli,

Sorrido, questa volta senza il pilota automatico,

ma con qualche speranza inconscia

che il sole indifeso non muoia nel cielo…

Chiudo gli occhi e li sento di nuovo…

E ancora e ancora e ancora…

Questa è una cosa che non posso dire a nessuno,

perché chi è che può capire

le cose che si dicono due amanti,

come parlassero una specie di Esperanto?

Forse solo il vento

ma anche il vento aguzza le orecchie

seguendoci nel rifugio antiaereo.

Mi manca… oh, quanto mi manca…

anche l’attimo più breve

che, ancora fino a poco tempo fa

era conosciuto col nome di felicità.

 

 

Tradotta in inglese da RB Lemberg, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

MYKHAILO ZHARZHAILO

#/X\

 

le sanzioni sono imbrigliate nei cani

le moto sono come gli aerei

 

gli avvisi sono come quelli dei film di Louis de Funès

alcuni scompaiono altri vengono visualizzati

la gerarchia degli avvisi

 

uccidi il più vecchio come una zanzara

 

Mi sono lavato la faccia con acqua arrugginita

il cavaliere di ferro

 

trascina lateralmente le foto e i video

 

Apollo con un pixel

difettoso

 

Tradotta in inglese da Ella Yevtushenko, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

 

YELYZAVETA ZHARIKOVA

 

Per chi legge il notiziario

Per chi vive il notiziario

Per chi si sente in colpa ogni mattina per il fatto di vivere con il notiziario-

questa metà di cielo è per voi

quella metà di cielo è per voi

l’infinito e innocente canto degli uccelli del cielo è per voi

 

casa con un buco nel mondo

per vestirli – per guidarli – verso il caldo

bambina che accarezza un gatto (sembrava così triste)

la neve cade velocemente sui sopravvissuti

il bianco che cola sul nero

il cervo dell’arazzo appeso alla parete fissa dalla cenere e dalla polvere

 

il sole ora sta transitando verso la primavera

l’orizzonte è battezzato dagli alberi

morbide mani ora padroneggiano mestieri che nella pace non conoscevamo

in ognuno nasce un vendicatore

dimmi il tuo segreto, dio mio,

fa paura morire per qualcuno che presto rinascerà?

 

un fiume, un cucciolo, una nonna,

non ha mai pianto, piccolino,

la strada nera, invasore, non ti darà un segnale

i cartelli erano stati segati

(quel bambino non ha mai pianto)

ricorda per sempre questa semplice password, cielo mio

 

ispessisce e irruvidisce la pelle

della bestia dalle mille braccia che hai dentro

della saggia e testarda bestia dai mille occhi che ti sorge dentro

ognuna di quelle che sopravvive a questa guerra

ognuna con la rabbia al centro

ognuna che riceve secondo la propria fede – e questa fede è la nostra tradizione:

 

la città dove abbiamo vissuto e in cui siamo morti

con le sue tante voci così luminose –

i suoi ricordi nelle nostre trecce tagliate ora sono intrecciati stretti

albicocche bianche della notte

torturatore, non avevi idea –

resisteremo contro di te

ti supereremo

sopravvivremo –

 

e noi ci vendicheremo!

 

Tradotta in inglese da RB Lemberg, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

 

OLHA PEREHREST

***

Voglio solo qualcosa di semplicemente umano

giusto per stare un po’ insieme

insieme a una biblioteca accuratamente raccolta

insieme alle cose amate per anni

insieme ai passaporti posati chissà dove

con gli abiti per la primavera

 

solo per stare insieme senza

toccare la fatica per toccare

il corpo senza

toccare il tabacco per toccare

l’aria senza toccare

per muoversi contro l’aria

 

per chiudere i rubinetti, per arrotolare ansia e sigarette

per abbassare la voce e i suoni delle sirene

 

per riscrivere dizionari per le parole

e la loro data di scadenza come pure la nostra

hanno la folle necessità di essere rimpiazzati

 

prima dicevamo ‘stiamo bene’

poi ‘siamo al sicuro’

ora diciamo prima di tutto

che siamo vivi

 

Voglio avere degli obiettivi realizzabili che

si possano misurare facilmente

 

quasi come la distanza fra le città

dove si stanno riscrivendo i dizionari

 

Tradotta in inglese da Tanya Rodionova, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

ROMAN KORZHYK

 

un aereo nel cielo

un insetto sulla pelle fredda

fa male

il sangue essiccato dagli altiforni

del passato sovietico

e il più delizioso plombir è così grasso

che non brucia nel fuoco

non si scioglie

il formaggio fuso chiamato druzhba

il formaggio fuso chiamato druzhba

il formaggio fuso è finto

il cervello si sta sciogliendo

le salsicce a buon mercato ballano il cancan

Durante la mia infanzia andavo alle veglie per i morti

tutti i pasti per onorare i defunti cominciavano con questa portata

prendevano dell’acqua e vi mettevano dentro i biscotti

e si mangiava come zuppa

o brodo come lo chiamavano i miei parenti di Naddnipryanshchyna

quella portata la chiamavano in un qualche modo

e sentivo solo la parola

cancan

cancan

un canone ad ogni veglia

Oliver Kahn in una piazza

un portiere rosso del Bayern Monaco

da dove viene il mio bisnonno come dice una leggenda

un ufficiale della Wehrmacht

un uomo di una tribù germanica

un conquistatore uno sconfitto della mia bisnonna

Mi chiedo come abbia fatto carriera in un partito comunista

Ero nella sua stanza

Ho dormito nella sua stanza

Mangiavo mele e ascoltavo fiabe nella sua stanza

aveva tappeti hutsul

un’ascia da pastore

un vecchio televisore in bianco e nero

e una brocca d’acqua amara sopra una fornace

parlava sempre ucraino con accento carpatico

e per questo cercavano di picchiarmi

visto che parlavo anche la lingua della mia bisnonna

dicevano ‘non sei russo’

gridavano ‘non sei russo’

cantavano alle feste in discoteca della scuola, ‘non sei russo’

e gli rispondevo

‘è solo che non avete letto la storia di Ucraina-Rus’ di Mykhailo Hrushevsky

Avete sempre pensato che Dostoevskij fosse così profondo e filosofico

ma in effetti Raskolnikov ha ucciso un’anziana signora con un’ascia

è un fatto che ha ucciso una vecchia con un’ascia

niente di più

ha solo ucciso una vecchia con un’ascia

niente di più

siete orgogliosi delle vostre piante e dei vostri razzi

piangiamo su tombe affamate

siete orgogliosi del plombir e della salsiccia

piangiamo nell’edificio slovo

in principio era la parola

poi c’era la fame

poi c’era la Siberia

poi c’è stato il disgelo la stagnazione la ricostruzione

un aereo nel cielo

la ricostruzione

un insetto sulla pelle calda

la resurrezione dei morti

hanno messo radici come marchi d’infamia

queste stigmatizzazioni vengono asciugate da lacrime d’uccello

noi siamo l’ordine della fenice

piange

significa che vinceremo

 

Tradotta in inglese da Odarka Bilokon, traduzione italiana di Pina Piccolo.

 

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